Il piantatore d’alberi, il giardiniere, l’uomo nato per
coltivare,
le cui mani si protendono sotto terra e germogliano,
per lui la terra è una droga divina. Entra nella morte
ogni anno e ne ritorna esultante. Ha visto la luce
posarsi
sul cumulo di sterco e rialzarsi nel frumento.
Il suo pensiero passa come una talpa lungo la cima
dei filari.
Quale miracoloso seme avrà inghiottito
perché il discorso ininterrotto del suo amore gli sgorghi
dalla bocca
come una vite che s’aggrappa alla luce del sole
e come acqua che discende nel buio?

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